Sentiero Marchetti fino al Mandròn, a cospetto del ghiacciaio più grande d’Italia

  • Roberto
  • 26 maggio
  • Itinerari
  • 5 commenti
Informazioni generali
  • Tempi di percorrenza: 3 ore circa per la salita, 2 ore per la discesa
  • Difficoltà: Facile, media in caso di maltempo per le caratteristiche dei luoghi e per la quota
  • Stagioni:
  • Note: non c’è ricezione del segnale telefonico
  • Valutazione di B2W:
  • Informazioni:
  • Allegati: Percorso formato gpx

Le Alpi italiane contano meno di mille ghiacciai. Si tratta in prevalenza di ghiacciai di circo o vallivi. Ma ce ne sono pure alcuni di altopiano, o di tipo scandinavo. Tra questi. Il più grande d’Italia, l’Adamello-Mandron.

Itinerario e storia

Sono tutti in crisi, i nostri ghiacciai. Compreso l’Adamello, che comunque supera ancora i 15 chilometri quadri di superficie ed una massa di diverse centinaia di milioni di metri cubi. Per arrivare al suo cospetto c’è un sentiero molto interessante, in una valle bellissima: Val Genova, nel Parco naturale trentino dell’Adamello-Brenta. Si parte dal parcheggio alla testata della valle, nei pressi di malga Bedole. Si segue prima la strada sterrata fino alla malga ed all’omonimo rifugio, sfiorando i ruderi del primo rifugio del Trentino, distrutto durante la Grande Guerra. Il sentiero entra poi nel bosco di conifere per inerpicarsi a zig-zag sul versante sinistro della valle, superando cascatelle e gradini di granito. Dopo circa un’ora si giunge ad un luogo di sosta denominato “mezza via”: da qui la vista si apre verso le fronti dei ghiacciai del Mandron e della Lobbia che 150 anni fa confluivano nel sottostante Pian Venezia. Il ritiro è stato dunque imponente, oltre due chilometri! All’epoca in cui Julius Payer, con alcuni contadini-cacciatori della Val Rendena, salì questa valle per aprire la strada alpinistica verso Cima Adamello, non c’erano ne’ il sentiero, ne’ il rifugio. Più su, dopo un’altra ora circa di cammino, solo un piccolo riparo di pastori, dove poco dopo sarebbero sorti il primo rifugio Mandron e la Leipziger Huette, la capanna Lipsia. Questa venne distrutta durante la Guerra, mentre lo storico edificio in granito lì vicino è stato ristrutturato e dal 1994 ospita il “Centro studi Adamello” dedicato proprio alla figura di Payer e destinato alla divulgazione delle conoscenze sui ghiacciai. Un piccolo gioiello a 2430 metri di quota, per informare, comunicare, appassionare i visitatori. Ancora pochi minuti e poi la chiesetta in granito anticipa l’arrivo al rifugio “Città di Trento” della SAT, inaugurato nel 1959. La calorosa ospitalità della famiglia Gallazzini rincuora e rinfranca anche grazie all’ottima cucina di Flavia. Il Mandron è oggi un rifugio assai eco-sostenibile, con l’energia generata dalla piccola centralina idroelettrica, stanze riscaldate, i trasporti a monte assicurati dalla teleferica. Ma il Mandron è soprattutto un luogo di una bellezza eccezionale: da una parte i laghetti del Mandron contornati dagli eriofori piumati, con le Lobbie a coronare la vedretta. Dietro le spalle la Presanella, il più elevato dei monti interamente trentini, salita anch’essa nel 1864 dall’inglese Douglas William Freshfiled che anticipò di pochi giorni il boemo Payer. Il Mandron è pure luogo di partenza per le principali salite del massiccio dell’Adamello, in primis la cima omonima con i suoi 3540 metri. Passando anche per il rifugio “ai Caduti dell’Adamello”, ad oltre 3000 metri di quota lungo il sentiero intitolato al glaciologo Vigilio Marchetti. Un rifugio che custodisce anche la memoria delle due visite di San Giovanni Paolo II, al quale è pure dedicata la cima sovrastante, dominata dalla grande croce in granito.

Percorso

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